Gina Lollobrigida è morta questa mattina intorno a mezzogiorno in una clinica privata di Roma dove era ricoverata da giovedì scorso. Era nata a Subiaco il 4 luglio del 1927: aveva 95 anni. A settembre era stata operata al femore, un’operazione che l’aveva molto debilitata. Ma non le aveva tolto la tenacia e la voglia di vivere: già il giorno dopo l’intervento, aveva chiesto i trucchi per farsi trovare in ordine dai medici. E sempre lì, nella Casa di Cura Pio XI dove l’aveva assistita tutto il tempo il figlioccio Andrea Piazzolla, era avvenuto un incontro commovente con il figlio Milko Skofic e il nipote Dimitri, da anni lontani a causa delle vicende giudiziarie che avevano inquinato i rapporti familiari: Piazzolla era stato accusato di circonvenzione di incapace per aver sottratto beni dal patrimonio dell’attrice tra il 2013 e il 2018.
Gli affetti
Eppure Andrea Piazzolla era stato una presenza constante e premurosa nella vita dell’attrice, che in tutte le interviste con il Corriere della Sera si era mostrata battagliera, determinata a difendere la serenità degli ultimi anni della sua vita, di cui facevano ormai parte il figlioccio, la sua compagna e la «nipotina» Gina, figlia della giovane coppia, così chiamata in suo onore. A febbraio del 2020 l’attrice aveva scritto perfino al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedendo di intervenire: «Ho lavorato e rappresentato l’Italia nel mondo per oltre 70 anni, per avere un trattamento ignobile. Oggi a 92 anni credo di meritare un po’ di tranquillità e non di essere trattata come una persona incapace, visto che non lo sono. Ho aspettato per anni perché credevo nella giustizia italiana. Mi sbagliavo e adesso hanno esagerato». Questo non le tolse la presenza, per lei ingombrante, dell’amministratore di sostegno per gestire i suoi beni. Anche se non aveva mai negato la sua contrarietà. La sua tesi era granitica: «Sono anziana, ma dei miei soldi decido io».
L’ultima intervista
Nella sua ultima intervista l’agosto scorso, sul Corriere, la «Bersagliera» aveva raccontato della sfida elettorale che l’aspettava (poi persa): l’attrice era capolista al collegio uninominale del Senato a Latina, per Italia sovrana e popolare, la lista promossa da Partito comunista, Patria socialista, Azione civile, Ancora Italia e Riconquistare l’Italia. All’affettuosa provocazione se fosse matta, aveva replicato molto seria: «Ma no. Ero solo stufa di sentire i politici litigare tra loro senza mai arrivare al dunque».